Teatro

Per Leo

Per Leo

Era in coma da sette anni Leo De Berardinis, scomparso la scorsa settimana a Bologna. Era da aallora che, come freddamente sa chi è del "mestiere", il suo coccodrillo giaceva nei cassetti dei pc delle redazioni, in attesa di mostrare i denti al momento del trapasso finale. Noi, di Teatro.org, ci siamo astenuti da commemorazioni precotte, ed abbiamo pensato di ricordarlo attraverso le parole di un nostro redattore, suo appassionato ammiratore e conoscitore. E' questo il nostro addio al più originale e colto maestro della sperimentazione teatrale italiana. Era un Leone, Leo: nivea canizie per criniera e sguardo fitto che penetra le nebbie; proprio un Leone, Leo, ossuto Isaia dei nostri tempi senza Dio, oracolo nudo che tra le labbra strinse, come tizzone ardente, la parola-ustione, ora strumento affilato e micidiale, ora balsamo che cura, officinale sonoro sortilegio per putrida setticemia spirituale e così, dal suo teatro, dalla sua scena, quasi fosse gnostico avanposto d’ascetico abbandono, il nostro Leone, Leo, tentò di dare ad ogni cosa un senso, il senso che l’uomo giammai riesce a dare. Ed era un Leone, Leo, fiero e solitario, laico anacoreta che al vertice della sua creazione ubiqua ha disegnato fatate e incorruttibili figure di una drammaturgia metastorica e metatemporale, mai avvezza ai facili maneggi, agli accademici ammiccamenti, alle vaghe contaminazioni senza studio e senza grazia di una grossolana ed approssimativa sperimentazione di maniera. Come un Leone, Leo, ha difeso fino a quando ha potuto la nobiltà morale del suo ruolo, autentico intellettuale, artista capace di accordare rigore filologico e voluttà creativa, senso della storia ed attitudine eversiva nel gesto eterno che, in levare, sottrae la forma al caos e riconsegna al mondo, il mondo, con tutto quel che di inespresso, indicibile e tragicamente incluso il velo di Maia nasconde ai sensi dei mortali. Proprio un Leone, Leo, aristocratico e appartato nel suo spazio, figlio di un’eletta genìa di giusti, pronto ad indagare dinamiche sempiterne e ragioni esistenziali che contrappongono l’un contro l’altro armato, nella lotta incessante della vita, l’alfa e l’omega d’ogni verso e l’alfa e l’omega dell’intero universo. E da Leone, Leo è andato via, inquieto ed allampanato charlot millenarista, afflitto testimone del degrado, dell’incipiente disfarsi d’ogni forma, lasciando in eredità a chi giù resta, orbo del genio e provato dall’assenza, un sentiero aspro e in salita che conduce al Logos, alla sostanza scarnificata e scabra della vita, agli adorati legni della scena sua su cui, lungi da qualsiasi consumistica concezione borghese dell’arte e del teatro, han preso vita non personaggi, ma stati di coscienza, non tipi fissi, ma i segni stessi dell’iconoclastia.